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"I racconti di Silvia Giacomini sono l'ascolto dei "giovani morti" rilkiani, che mormorando preghiere, e offrendosi in oblazione, ascoltano, essendo; ed essendo essenzialmente corpo, Silvia Giacomini scrive. Nella loro cifra di simbolica stilizzazione, i suoi racconti costituiscono una declinazione dell'opera poetica, e un altrettanto netto distanziamento dalle consolanti traiettorie del mondo - una esplicita affermazione di quella rivendicata, e pensante, "innocenza del soffrire".[...] Che cosa sgomenta, dei Santi - anche laici -, dei cosiddetti "pazzi", dei borderline, dei marginalizzati, delle persone depresse e ferite, di coloro che rivendicano per sé la scandalosa ricchezza del soffrire? Probabilmente, il loro "No": sebbene non detto, ma reso carne e gesto..." (Dalla Presentazione di Matteo Mario Vecchio)